Il regalo
Ho ereditato la pasticceria da mio padre. Non abbiamo mai avuto dei buoni rapporti, negli ultimi anni non ci parlavamo nemmeno.
Facevo un lavoro diverso, l’azienda dove lavoravo ha chiuso pochi mesi fa, non sono riuscito a trovare altro. Il momento attuale è molto brutto, se si ha più di quarant’anni non ti vuole più nessuno. Mio padre ha avuto una lunga malattia, ma ha continuato a gestire la sua pasticceria, a coordinare i suoi pasticceri e chi serve al banco, con la consueta, fastidiosa autorità. Da qualche giorno sta molto male, mi ha cercato lui, voleva che andassi a parlargli. Non volevo che mi lasciasse con il rimpianto di non essermi riappacificato. Non lo vedevo da tempo, mi ha fatto impressione. Gli occhi scavati dal tempo e dalla malattia, pochi capelli senza l’ombra di colore, il viso solcato da tante rughe, lo sguardo sofferente. Aveva un filo di voce, sono dovuto andargli molto vicino per sentire le sue parole, ne ha approfittato per abbracciarmi, ho ricambiato. Mi sono commosso, gli occhi mi si sono riempiti di lacrime. Quell’uomo, burbero e autoritario, avaro da sempre di gesti affettuosi era consumato, come una candela tenuta accesa per troppo tempo. Si stava spegnendo, allo stesso modo ed un pizzico di umanità forse gli aveva rapito il cuore. Gli stava dettando un’ultima volontà: prendere in mano le redini della pasticceria. Gli aveva garantito che lo avrebbero aiutato i suoi collaboratori, lui avrebbe solo dovuto dirigere. Accettò, quasi costretto. Era senza lavoro e senza prospettive, qualcosa si ricordava del modo di gestire la pasticceria che aveva suo padre, ci aveva lavorato da giovanissimo, e fu proprio dopo un durissimo confronto per un problema li dentro che se n’era andato, appena diciottenne, senza voltarsi indietro. Aveva iniziato subito, lavorare gli mancava, anche se stare a case senza fare niente ti impigrisce, la smania di fare qualcosa e di sentirsi ancora utile lo aveva convinto a non perdere tempo. La pasticceria era sempre la stessa, da poco rinnovata nell’arredamento, gli stessi profumi, gli stessi dolci. Era un po’ triste, era buia. Sapeva comunque di vecchio. Anche i clienti erano principalmente persone anziane, con le loro abitudini, i ritmi esasperatamente lenti, le proprie manie, i commenti che sentiva erano gli stessi che sentiva da ragazzo: troppo dolce, troppa crema, ci si sporca tutti, è appiccicosa, il caffè è alto, è basso, troppo freddo, troppo caldo, troppo, troppo poco. Tutti gli chiedevano del padre, non che interessassero a qualcuno le condizioni di salute, suo padre non aveva amici, era solo una cosa in più di cui parlare. Doveva fare qualcosa per cambiare la clientela, senza perdere gli abituali, ma doveva rinnovarla. Più luce. Più colore, cambiamo le tovagliette, mettiamo dei fiori. Dopo ogni piccolo cambiamento usciva da dietro il banco, partiva dalla porta d’ingresso principale ed osservava. No, ancora non ci siamo, manca qualcosa. Il problema sono le vetrine. Sono illuminate a dovere e sono bellissime, non c’è che dire. Ma non trasmettono luce. Che fare? Internet era la sua passione, iniziò a cercare sui motori di ricerca più importanti “dolci” “bomboloni” “pasticceria”. Non trovava niente che gli sembrasse poter cambiare la situazione. www.martypack.it.
Vaschetta luce la prima scritta che apparve, la prima immagine che vide. Gli venne una risata: cercava più luce, l’aveva trovata. Guardò a fondo il sito, dopo la Vaschetta Luce, la Vaschetta Arya, nome divertente, bel prodotto, ci avrebbe messo la “specialità del babbo” come la chiamavano tutti.
I pirottini furono una sorpresa, pensò a Alfonso, il cliente che si lamentava perché si bagnava non appena addentava il solito babà che prendeva da cinquant’anni.
Pensò a quanto avrebbero cambiato la presentazione le Vaschette Onda, oltre tutto erano sovrapponibili, l’effetto sarebbe stato interessante. Decise di fare un piccolo ordine, vi incluse anche i piattini monoporzione, non aveva deciso la forma, vide che c’era la possibilità di prenderli assortiti, optò per quella soluzione.
Quando la merce arrivò il vecchio pasticcere, Saverio, era restio ad usarli: aveva sempre usato quelli in cartone, non capiva perché cambiare. Il giovane apprendista, invece, sposò in pieno la novità, convinse il capo a provarli, fece una serie di mignon alla frutta sui monoporzione. La vetrina fu divisa in due: la parte con i vecchi prodotti, la parte con i prodotti sui contenitori Martypack. Le compose entrambe con la massima cura, chiamò i pasticcieri a vedere il risultato. Anche Saverio convenne che la vetrina “nuova” era molto più bella. Sono passati 6 mesi da allora. Ormai siamo abituati ai contenitori della Martypack e ci stiamo abituando anche ai nuovi clienti, invogliati all’inizio da quella mostra che era decisamente attraente, convinti a tornare dalla qualità, chiodo fisso di mio padre, mai abbandonata.
La pasticceria va molto bene, ho cominciato a lavorare anch’io alla creazione di qualche dolce, più che altro sto diventando bravo a decorare. Il clima è più tranquillo, le persone che lavorano con me sono sorridenti. Ormai ho preso in mano le redini dell’azienda. Nel frattempo mio padre mi ha lasciato, l’ho ringraziato un attimo prima che morisse, gli ho chiesto scusa. Grazie babbo, mi hai fatto un regalo grandissimo anche se non sono certo di essermelo meritato.